LE UTOPIE NECESSARIE DI UN PASSEGGERO DELLE STELLE
Note sulla mostra di Giordano Montorsi al castello di Scandiano
Partiamo dal titolo della mostra: Di segno in sogno. Tra lo scorrere e il fluire e iniziamo, come si dovrebbe sempre fare, dall’etimologia, questa scienza necessaria ma non sufficiente, come ci ha insegnato Alberto Savinio.1
1) Disegno da Disegnare, dal latino designare, cioè notare con segni, composto dalla particella de e sa signum, termine tra i più ricchi di significati: segno, immagine, effigie. Significa ritrarre mediante segni a matita, penna o altro strumento, la forma di un oggetto. Ma, in senso figurato, significa anche ideare, prefiggersi qualcosa col solo pensiero.2
Subito viene in mente una citazione dall’ultimo libro di Giordano Montorsi: «Il disegno è un frammento dell’avvenire che si annuncia come futura promessa».3 Che si può legare a quest’altro aforisma: «La pittura è un avamposto d’utopia».4
L’elemento per così dire “utopico” della pittura di Montorsi si avverte anche in questo passo tratto da Frammenti dell’avvenire per una terra giusta in terra del 1988:
[l’arte come] Frammenti dell’avvenire, […] come idea in formazione, in divenire, come progetto [ogni pro-getto è utopico] dove intravediamo l’inizio ma non la fine; dove forme e figure si prestano a molteplici possibilità di lettura e dove atmosfere non definite si manifestano in modi diversi, ma accomunate da un unico filo conduttore segnato dall’energia, dalla forza dell’essere, dell’essere stato, dall’essere già, dall’essere ancora, per una terra giusta in terra [la massima utopia!].5
Ancora, in La pittura come avamposto d’utopia del 1988, gli anni del riflusso, si legge:
Dopo anni di parole e di troppi discorsi, noi viviamo oggi in un tempo segnato dal rischio dello scetticismo e della rassegnazione.
Contro questa avvilente e quotidiana forma di suicidio, la pratica pittorica, diventa, avamposto di utopia, luogo di desiderio privilegiato per la conoscenza di sé e del mondo.6
Di nuovo, ne I giorni della liberazione e il respiro dell’arte. 1945/201 Settantesimo anniversario della liberazione, del 2015, Montorsi parla dell’arte che «reclama il suo primato nel dialogo con il desiderio e l’ansia di libertà».7
2) Segno, dal latino signum che probabilmente si rifà alla radice europea SAK- dire, mostrare.
Ciò che serve a indicare, far conoscere, dare un indizio.8 Forse affine a secare «tagliare», «incidere».9 L’incisione, infatti, è un segno particolarmente forte e duraturo. A proposito di segno, vorrei ricordare come, per Montorsi, il simbolo non sia qualcosa di fisso, tradizionale, ma debba essere «inteso nel senso di “mettere insieme”, del ricomporre frammenti di realtà separata che diventano un modo nuovo dell’essere nella realtà»,10 che è il vero e profondo significato etimologico del termine “simbolo”.
3) Sogno, dal latino somnium, derivato di somnus: immagine che compare durante il sonno (fase di sonno REM). Da cui, anche cosa vana e passeggera.11
A questo proposito, vorrei citare un testo di Montorsi del 1974 dal titolo 11 settembre 74… E un giorno prima:
La testa pesante, è muta quando s’inclina sul polso. / È segno, che la stanchezza ha sommerso la mente / ed è lì per chiudere gli occhi. / Dormire… riposare… chiudere gli occhi e dormire, / dormire tenendoli aperti. / Noi, dormiamo a occhi aperti a volte, / a occhi aperti e a volte chiusi. / Ieri: già, ieri alle 15, dopo pranzo, ho visto un albero. / Tutti vedono alberi! / Io però, l’ho visto con la barba e che fumava. / Su e giù, in largo e in lungo, camminava solo e fumava. / Si aggiustava la fronda coi rami / e un passero, gli ricordava di tanto in tanto le ore. / Era un Tiglio: un Tiglio che fumava, / non so con precisione, ma fumava. / La barba poi!... blu a righe gialle / gli arrivava ai piedi come una gonnella. / Poi, giunse una nuvola rosa con un nastro azzurro. / Si fermò al suo fianco e subito dopo volarono in cielo. / Sorpreso, non riuscivo a capire perché un albero, / con la barba blu a righe gialle che fumava, / e una nuvola rosa infiocchettata di azzurro, / volassero proprio in cielo! / Strofinandomi gli occhi, mi accorsi / che ero caduto in un sonno profondo. / Svegliandomi, infatti, non vidi più né albero né nuvola, / né barba né fiocco, ma solo una branda di ferro / e un lenzuolo che mi copriva la testa. / Spesso è importante dormire, / a volte è bello e necessario sognare a occhi aperti.12
E anche, a ribadire la centralità di questo tema, ecco uno stralcio dal testo Passeggero delle stelle e gondoliere metamorfico (se io fossi) del 1987: «Potrei immaginare, pensare il sogno, sognare l’invisibile e renderlo concreto nel suo divenire. […] Pensare l’impensabile, […] progettare la speranza».13
Oppure, allo stesso modo, in L’eroe, pellegrino d’occidente fugge nella realtà (in breve) del 1987, si legge: «[L’arte come] Luogo dove conscio ed inconscio in continua comunicazione aprono varchi e superano i filtri costituiti dagli schemi logici per determinare una più vasta consapevolezza».14
4) Scorrere, dal latino excurrere, «correre fuori, correre via»: muoversi, spostarsi su una superficie lungo un condotto, un tracciato o una guida. Il fiume scorre nel letto, il sangue scorre nelle vene, l’acqua scorre nelle tubature, la fune scorre nella carrucola… Ma anche uscir fuori, colare, scolare, dunque liberamente e senza più una guida. Oppure correre velocemente, senza incontrare ostacoli o difficoltà; percorrere in fretta con lo sguardo, leggere rapidamente. Dunque senza soffermarsi troppo sulle cose, per necessità di arrivare alla fine. In senso figurato, procedere con facilità, con coerenza logica e sintattica: una poesia che scorre fluida. Ma anche, e contrario: Incorrere, incappare; e pure il passare, il trascorrere del tempo. E infine, finire, venire a mancare.15
5) Fluire, dal latino fluere: scorrere, detto di liquido, o, meno spesso, di aeriformi. In usi figurati, scorrere con scioltezza, dolcemente e con continuità; sostantivato: il fluire del tempo. Frequente l’uso figurato di cosa che dia l’immagine del fluire copioso, abbondante: una barba fluente, capelli fluenti.16 Ricordiamo che Montorsi ha come nome quello di un fiume e non di un fiume qualsiasi… Naturalmente, il termine scorrere rimanda inevitabilmente al eracliteo: «tutto scorre»:
Proposizione con cui gli eraclitei esprimono l’eterno divenire della realtà, paragonando quest’ultima a un fiume che solo apparentemente rimane uno e identico, ma che in effetti continuamente si rinnova e si trasforma, sicché non è dato tuffarsi in esso più di una volta, perché la seconda volta – a rigore – non è lo stesso fiume della prima. Questa concezione costituisce l’antitesi di quella dell’assoluta eterna unità e immutabilità dell’essere, affermata dalla scuola eleatica.17
L’opera d’arte, per Montorsi, non è mai “Una”: com’è confermato da questo estratto da Nel cielo della terra e/o dell’immaginario del 1980: «L’ipotesi è multipla l’opera è aperta; sta dentro ai margini del foglio, esce sulle pareti dello spazio. Noi viviamo con gli occhi e l’immagine si ribella al potere della parola».18
Nel testo del 2015, I giorni della liberazione e il respiro dell’arte. 1945/2015 Settantesimo anniversario della liberazione, si ribadisce: «A poco servono le parole».19
Sempre dal già citato Passeggero delle stelle, riportiamo anche questo brano: «Tuffarmi nel conflitto come fromboliere [i.e. guerriero armato di fionda, una sorta di Davide laico] e liberare il mio immaginario. […] Predispormi al cambiamento ed alla scorribanda».20
Nell’intervista citata del 2003, Montorsi si definisce inoltre «errante saltimbanco, acrobata e pagliaccio metropolitano».21
Dunque, occorrerebbe subito tacersi, perché, appunto, l’immagine supera sempre i limiti della parola. Come scrive ancora Montorsi nel già ricordato L’eroe, pellegrino d’occidente:
Nel mondo contemporaneo sempre più diversificato dalle odierne filosofie, parole come ad esempio “natura”, “materia”, “spirito”, “sacro”, “profano”, “conoscenza”, assumono talvolta significati diversi od opposti. Per evitare di rimanere intrappolati dalla correlazione parola-significato, parola-idea, parola-mentalità, è necessario restare tra le “cose”. Esse non hanno un nome né un significato, sono quello che sono. Ed è in esse che io vorrei restare. Stare in mezzo ad esse consapevolmente prescindendo dal nome che hanno e conoscerne il mondo.22
Montorsi utilizza una bella espressione: «fuga nella realtà»,23 che tiene uniti insieme utopia e «concretismo»,24 altro termine dell’Autore.
Similmente, nel manifesto programmatico del progetto Artpoint 18 Montorsi/Moss “In viaggio a contemplar visioni” del 2011, troviamo scritto: «L’artista […] non serve l’interesse di nessuno, e in particolare il potere statico della tecnica, in virtù del suo spirito dinamico e irriducibile a qualsiasi forma di costrizione».25 È il panta rei eracliteo, è lo scorrere, il fluire. L’uomo non è soggetto al tempo, ma, come sosteneva Leon Battista Alberti, è tempo.26
Detto questo, a Giordano Montorsi piacciono i giochi di parole, i calembour [«Ho sempre pensato alla pittura come musica del silenzio [citazione simongarfunkeliana, nota nostra] che mira all’incanto e non come il silenzio della musica che mira all’incasso».27
Vediamone qualche esempio:
- Disseminario. Varietas varietatum et omnia varietas 28 del 2010, titolo di quella che resta, senza alcun dubbio, la sua mostra più importante. Il termine “disseminario” deriva dal latino disseminare, derivato di , «seme»; significa spargere qua e là (come si fa con la semente), per lo più senza un ordine apparente: piantine nate spontaneamente dai semi disseminati dal vento; frequente è l’uso figurativo: gli piace farsi vedere generoso, e dissemina i soldi fra tutti i parenti; la polizia ha disseminato i suoi segugi in tutte le strade della zona; disseminare il malcontento; il testo era disseminato di refusi.29 Addirittura, può assumere il senso di diffondere un errore, una calunnia.30
- LIBERA-MENTE-LIBERI, scioglilingua con cui si conclude il “manifesto” del già citato progetto Artpoint 18.
- La La Land (ho la testa fra le nuvole), titolo dell’installazione del 2013 alla Galleria Fontanesi nel Palazzo dei Musei di Reggio Emilia, che rimanda alla “città dei sogni” (ancora loro!), Los Angeles.31
Perché Montorsi è stato così vario – riprendendo il sottotitolo della sua mostra del 2010 – nella sua vita artistica? Perché, come lui stesso scrive nel già citato Frammenti dell’avvenire per una terra giusta in terra:
Oggi ci troviamo all’interno della crisi del sistema classico e ciò significa che ci troviamo di fronte alla fine dell’illusione di poter ricomporre la diversità dei linguaggi in un linguaggio complessivo che possa avere ragione della pluralità contraddittoria del reale.
A questo modello della ragione classica, si è opposto una costellazione di ragioni e di linguaggi che sono il prodotto dell’emergere di gruppi e classi sociali diversi, dell’allargarsi della sfera dei protagonisti consapevoli della sfera sociale. Ma prendere atto, lavorare e agire all’interno di questa crisi non significa soccombere alla schizofrenia delle ragioni. Non deve significare solo disordine, male, squilibrio, ma anche tensione verso ordini nuovi [da notare la citazione gramsciana dell’omonimo testo del 1919, nota nostra], lotta per una liberazione dei saperi assoggettati senza rimanere intrappolati in una nostalgia per la totalità perduta.32
Nella più volte citata intervista del 2003, Montorsi risponde così alla prima domanda di Riccardo Caldura:
Lo spazio fisico […] si intreccia con uno spazio mentale immateriale, virtuale, in potenza, permettendo a quell’elemento che noi definiamo atto creativo, di prendere corpo attraverso l’opera, l’evento, la cosa. Quel preciso spazio allora diventa, in molte delle mie esibizioni, luogo di intuizione e di produzione di infiniti spazi, mutevoli, mutanti, sistematici a volte, asistematici altre.33
Montorsi si muove fra terra e cielo, come il vero utopista che, come scrive Lewis Mumford nel primo capitolo del suo celebre The Story of Utopias del 1922, «walks with his feet on the ground and his head in the air»,34 «cammina con i piedi in terra e la testa per aria».35
Figlio delle stelle, come suonava il titolo di una celebre canzone di Alan Sorrenti del 1977, ma come ha ripetutamente sostenuto anche il grande vecchio dell’architettura del secolo scorso, Oscar Niemeyer: «somos filhos das estrelas». L’interesse cosmico, siderale è stato sempre caro a Montorsi (possessore di un telescopio per scrutare il cielo stellato dal suo buen retiro di Macigno).
Su questo tema vorrei terminare. Romano Gasparotti, autore di tre bellissimi saggi critici sui lavori degli ultimi dieci anni di Montorsi,36 ha scritto nel 2010 che le opere pittoriche esposte nella grande mostra dal titolo Disseminario, rientrano nell’ambito di un
far spazio alla possibilità del rivelarsi dell’oscurità sovraluminosa dell’assoluto Fuori, che tutto immanentemente avvolge e a prescindere dal cui insondabile mistero lo spettacolo di nessuna varietas varietatum potrebbe mai apparire. L’inattingibile spazio/non spazio assolutamente vuoto dell’accadere, con il quale, in trent’anni – oggi quaranta – di lavoro e di esercizio del pensiero, Giordano Montorsi ha sempre tremendamente cercato, in tutti i modi, di trovarsi a tu per tu.37
Platone, ha scritto in un altro testo Gasparotti, aveva definito questo “prima” col termine di chora.38
Sappiamo quante volte Montorsi rivolga lo sguardo verso l’alto, al mistero del cosmo:
ogni [mio] singolo lavoro non è l’anello di una catena costruita sullo stile, ma vive di luce propria, totalmente fine a se stesso anche se in equilibrio e coerente con il resto. Mi piace pensare che il mio operare sia come un’immensa galassia che prende luce poco per volta, formata da tante costellazioni (i vari cicli), ognuna delle quali è regolata da proprie leggi, e le opere, in libero volo nella pluralità di senso etico ed estetico.39
Dunque l’Uno e il Molteplice, siamo sempre lì: il desiderio dell’Uno e il disagio (disperazione?) del Molteplice. «Wir suchen überall das Unbedingte, und finden immer nur Dinge» («Noi cerchiamo ovunque l’incondizionato e troviamo sempre soltanto cose») scriveva, due secoli fa, il grande Novalis.40
Ma non c’è forse, nell’immagine stessa, seppur ancora un’ipotesi, della nascita di questo nostro Universo – parliamo della teoria del Big Bang – la dimostrazione stessa di questo dualismo apparentemente irresolubile: in quel centro iniziale, estremamente caldo e denso in cui tutto era fuso in Uno e che poi, esplodendo, ha determinato i decilioni o megistoni di varietà di forme presenti nell’universo.
Che Montorsi sta cercando, pervicacemente, di rappresentare. E non è detto che non ci riesca.
Note
1. Alberto Savinio, Etimologia, in Id., Nuova enciclopedia, Milano, Adelphi, 1977, 20025, pp. 138-139 e passim.
2. Cfr. s.v. «Disegno», in Ottorino Pianigiani, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, con Prefazione di F.L. Pullè, A-L, [vol. I], Roma-Milano, Società Editrice Dante Alighieri di Albrighi, Segati e C., 1907, p. 423.
3. Raccolta asistematica di alcuni aforismi e testi scritti in tempi e luoghi diversi dall’artista Giordano Montorsi, in Giordano Montorsi, La mutevole precisione della forma. La La Land: storia di un’opera, con testi di Claudio Cerritelli, Romano Gasparotti, Tullio Masoni, Milano-Udine, Mimesis, 2016, pp. 63-91: 63.
4. Ibid.
5. Ibid., pp. 69-70: 69-70.
6. Ibid., p. 71.
7. Ibid., p. 73.
8. Cfr. s.v. «Segno», in O. Pianigiani, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, cit., M-Z, [vol. II], p. 1255.
9. Cfr. Vocabolario on line Treccani, s.v. «Segno», http://www.treccani.it/vocabolario/segno/.
10. Dialogo: intervista di Riccardo Caldura con Giordano Montorsi, in Giordano Montorsi, Kabuio Black / Sgabuzzino Nero, Museo d’Arte Moderna di Gazoldo Degli Ippolito (Modena), 4-26 ottobre 2003; Black Circus / Circo Nero, Comune di Casina, Castello di Sarzana, 11-25 ottobre 2006; Crossing / Attraversamenti, Comune di Montechiarugola, Palazzo Civico, 15-30 novembre 2003, s.l, s.n., 2003, pp. 6-36: 8.
11. Cfr. s.v. «Sogno», in O. Pianigiani, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, M-Z, [vol. II], cit., p. 1303.
12. In G. Montorsi, La mutevole precisione della forma…, cit., p. 64, datato «1974 Caserma dell’undicesimo autoreparto. Palermo».
13. Ibid., p. 66.
14. Ibid., pp. 67-68: 67.
15. Cfr. Vocabolario on line Treccani, s.v. «Scorrere», http://www.treccani.it/vocabolario/scorrere/.
16. Cfr. Vocabolario on line Treccani, s.v. «Fluire», http://www.treccani.it/vocabolario/fluire/.
17. S.v. «Panta rei», in Dizionario di Filosofia on line Treccani, 2009, http://www.treccani.it/enciclopedia/panta-rei_%28Dizionario-di-filosofia%29/.
18. In G. Montorsi, La mutevole precisione della forma…, cit., p. 65.
19. Ibid., p. 73, pubblicato originariamente su Artpoint18.it.
20. Ibid., p. 66.
21. Dialogo…, cit., p. 11.
22. In G. Montorsi, La mutevole precisione della forma…, cit., p. 67.
23. Ibid.
24. Ibid.
25. Ibid., p. 72, pubblicato originariamente su Arpoint18.it.
26. Su questo tema mi sia permesso di rimandare al mio La fatica del costruire. Tempo e materia nel pensiero di Leon Battista Alberti, [postfazione di Massimo Cacciari], Milano, Edizioni Unicopli, 2000, 2004.
27. Dialogo…, cit., p. 8. Ma il tema ritorna anche in G. Montorsi, La mutevole precisione della forma…, cit., pp. 63 e 71.
28. Ci si perdoni il piccolo peccato di orgoglio, ma vorremmo segnalare la nostra paternità del sottotitolo che chiaramente parafrasa la celeberrima locuzione dell’Ecclesiaste.
29. Cfr. Vocabolario on line Treccani, s.v. «Disseminare», http://www.treccani.it/vocabolario/disseminare/.
30. Cfr. s.v. «Disseminare», in O. Pianigiani, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, A-L, cit., p. 428.
31. Cfr. Giordano Montorsi, La mutevole precisione della forma, con testi di Alessandro Gazzoni, Alberto Giorgio Cassani, Giordano Montorsi, Catalogo della mostra (Reggio Emilia, Palazzo dei Musei, Galleria Fontanesi, 14 ottobre – 19 novembre 2017), sl., s.n. [stampa: Modulstampagroup], 2018.
33. In G. Montorsi, La mutevole precisione della forma…, cit., p. 69.
33. Dialogo…, cit., p. 6.
34. With an Introduction by Hendrik Willem van Loon, New York, Boni and Liveright, p. 12.
35. Disseminario di Giordano Montorsi, in Id., Disseminario. Varietas varietatum et omnia varietas, Catalogo della mostra (Reggio Emilia, Civici Musei-Galleria Parmeggiani-Sinagoga-Officina delle Arti, 13 marzo - 18 aprile 2010, s.l., s.n. [stampa: Cavriago (RE), Bertani & C. Industria Grafica], 2010, pp. 77-78; Su alcuni motivi dell’opera artistica di Giordano Montorsi, ibid., pp. 23-29; Musicalità dello sguardo, in G. Montorsi, La mutevole precisione della forma, cit., pp. 15-24.
36. Disseminario di Giordano Montorsi, cit., p. 78.
37. Cfr. Su alcuni motivi dell’opera artistica di Giordano Montorsi, cit., p. 28; ma cfr. anche Disseminario di Giordano Montorsi, cit., p. 78.
38. Dialogo…, cit., p. 6.
39. Novalis, Opera filosofica, Volume primo, Edizione italiana a cura di Giampiero Moretti, Torino, Giulio Einaudi editore, 1993, p. 357. È la traduzione del primo frammento di Polline; in Osservazioni sparse, la traduzione è la stessa con l’eccezione della messa in corsivo delle parole: cerchiamo, troviamo e cose, ibid., p. 356.

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